Demilitarizzazione Uno strumento costruttivo per la cooperazione e la pace: L’esempio delle Isole Åland
di Sia Spiliopoulou Åkermark
Nel 2017 la Finlandia celebra il centenario della sua indipendenza. Nel 2016 ha ricordato un altro anniversario storico: i 160 anni della demilitarizzazione delle Isole Åland, un arcipelago di oltre 6.500 isole disseminate nel mezzo del Mar Baltico tra l’odierna Finlandia continentale e la Svezia. La vasta maggioranza degli oltre 29.000 abitanti sono di madrelingua svedese.
La demilitarizzazione delle Isole Åland fu decisa da una convenzione tripartita tra Gran Bretagna, Francia e Russia e confermata nel 1856 con il Trattato di Parigi che pose fine alla Guerra di Crimea. Certamente, l’accordo non fu motivato da un ingenuo amore per la pace né all’epoca nessuno si preoccupava del benessere delle persone che popolavano le isole. Il senso della demilitarizzazione era, ed è tutt’oggi, quello di assicurare che questo piccolo territorio non venisse fortificato e che fosse pertanto meno attraente dal punto di vista militare e meno pericoloso di quanto avrebbe potuto essere. Questa questione era particolarmente rilevante per la vicina Svezia che, pur essendo uno dei promotori dell’accordo, preferì mantenersi ai margini dell’intesa del 1856 per diverse ragioni.
Una misura anticipatrice di rafforzamento della fiducia
Con la Convenzione sulla demilitarizzazione delle Isole Åland, le superpotenze dell’epoca intendevano dare una soluzione pragmatica alla sfida di rafforzare “les bienfaits de la paix général”, come recitava il testo francese originale (“i benefici della pace generale”). Anziché competere per la presenza militare e il controllo di questo territorio controverso, gli Stati parte accettarono di mantenersi a distanza e di creare una piattaforma di comunicazione per le questioni che lo riguardavano. La si potrebbe chiamare una misura anticipatrice di rafforzamento della fiducia.
L’accordo sulla demilitarizzazione può essere considerato un precursore del sistema di sicurezza collettiva che fu istituito attraverso la Convenzione della Lega delle Nazioni nel 1920 allo scopo di prevenire l’uso della forza nelle relazioni interstatali e creare nuove strade per affrontare i conflitti e le minacce alla pace. L’idea della composizione collettiva delle controversie ha costituito l’architrave del sistema della Società delle Nazioni, ma, come tutti sappiamo, esso è crollato, o per meglio dire, si è preso una pausa (in parte a causa della mancanza di volontà delle superpotenze del tempo di seguire la regole da loro stesse emanate), prima che fosse sostituito dalle Nazioni Unite e dalla Carte delle Nazioni Unite nel 1945.
Nel frattempo, la Convenzione sulla demilitarizzazione delle Isole Åland venne rafforzata con l’adozione nel 1921 della Convenzione sulla non fortificazione e la neutralizzazione delle Isole Åland. Tra i dieci firmatari originari figurava la Finlandia, che era stata ormai riconosciuta come nazione indipendente ed era diventata membro della Società delle Nazioni. Alla Finlandia era già stata concessa la sovranità territoriale sulle isole in virtù della risoluzione di una controversia da parte della Società delle Nazioni agli inizi dello stesso anno. Le norme vincolanti e consolidate a livello internazionale sulla neutralizzazione delle isole differiscono dalla politica di neutralità e non alleanza della Finlandia. Le norme della neutralizzazione aggiunsero agli impegni giuridici internazionali precedenti il divieto di utilizzare “direttamente o indirettamente” le Isole Åland “per scopi connessi con operazioni militari” in tempo di guerra.
Una lunga tradizione
In realtà, la demilitarizzazione non fu una novità alla fine del 19° secolo. I primi esempi documentati risalgono all’alto Medioevo e in trattati di pace conclusi in Europa nei secoli 17° e 18° si incontrano frequentemente norme che richiedono la demolizione di fortificazioni e ne vietano la ricostruzione.
Un primo esempio è il Trattato di Château Cambrésis 1559 (tra Francia e Spagna) che comprendeva il divieto di costruire fortificazioni nella zona di Thérouanne. Nel 1768 la Danimarca cedette ad Amburgo diverse isole situate alle foci del fiume Elba e al tempo stesso si decretò che nessuna installazione militare potesse essere costruita su queste isole. Molti accordi di demilitarizzazione sono stati inclusi in trattati alla conclusione della prima Guerra mondiale, ad esempio sulle Saarland, la Libera città di Danzica, Spitsbergen nelle Isole Svalbard e isole del Mediterraneo. Questo modello è proseguito anche nel periodo successivo alla seconda Guerra mondiale, ad esempio per quanto riguarda le isole del Dodecaneso, Pelagosa e il Territorio Libero di Trieste.
Un caso a parte, in termini di livello di istituzionalizzazione della sua gestione multinazionale, costituisce l’Antartide. Il Trattato antartico del 1959 stabilisce che “nell’interesse di tutta l’umanità ... l’Antartide continui sempre ad essere utilizzato esclusivamente per scopi pacifici e non diventi teatro o oggetto di controversie internazionali”. Un tentativo più recente di demilitarizzazione, pur senza risultati, è stato il piano per Cipro del 1999 di Kofi Annan, ex Segretario generale delle Nazioni Unite. Uno degli elementi di detto piano era la demilitarizzazione dell’isola.
Sovranità mantenuta
La demilitarizzazione e la neutralizzazione possono essere intesi come limitazioni alla sovranità territoriale, ma sono al contempo garanzie del concetto di sovranità territoriale e di controllo del territorio. Il regime delle Isole Åland, infatti, si fonda sulla premessa della chiara sovranità territoriale e, pertanto, sulla capacità e il diritto e l’obbligo giuridici – della Finlandia in questo caso – di respingere attacchi e minacce imminenti contro la zona, al fine di salvaguardare il suo status demilitarizzato e neutrale.
Tuttavia, questa stessa soluzione è anche un’eccezione e una provocazione al nostro modo di intendere l’esercizio di tale sovranità territoriale. Le norme della demilitarizzazione e della neutralizzazione implicano la promessa vincolante di dare priorità ai canali di comunicazione e di negoziazione diplomatici, prima del militare, quand’anche si riconoscano la relazione di poteri. La demilitarizzazione è gestita principalmente dal Ministero degli affari esteri finlandese. Il sistema richiede trasparenza e comunicazione riguardo a presunte controversie, cosa che è apparsa ancora più evidente nel trattato bilaterale del 1940 tra la Finlandia e l’Unione Sovietica. Sia la Svezia che la Federazione Russa hanno un consolato sulle Isole Åland. Il Governatore delle isole è a capo dell’amministrazione statale sulle isole, si occupa di questioni di sicurezza statali e funge da collegamento tra la Repubblica di Finlandia e il governo e il parlamento regionali della regione autonoma delle Åland. Il Governatore, che è nominato dal Presidente della Repubblica di Finlandia con il consenso del Presidente del Parlamento delle Isole, mantiene anche contatti regolari con i consolati.
La demilitarizzazione è un piccolo passo verso il disarmo. È il riconoscimento del fatto che la corsa agli armamenti, che ha avuto luogo in molti paesi prima del 1914 e del 1939, è stata un fattore determinante dello scoppio delle devastanti Guerre mondiali. Le frustrazioni finanziarie di questi periodi prebellici oggi non esistono. Secondo il Rapporto sullo sviluppo umano del 2015 del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, la maggioranza dei paesi della regione OSCE presenta un livello di sviluppo umano alto o molto alto. Tuttavia, stiamo assistendo, in Europa e altrove, a un aumento lento ma costante della retorica aggressiva, nonché delle spese e delle attività militari, insieme a un uso crescente delle forze a livello internazionale. Raramente risulta facile o proficuo nel mezzo di una situazione difficile cercare di stabilire chi sia stato il primo ad iniziare un conflitto e chi dovrebbe prendersene le colpe maggiori.
In queste condizioni dobbiamo rafforzare gli strumenti e le strategie di comunicazione e collaborazione ove possibile e trovare nuovi modi per promuovere il disarmo. La demilitarizzazione è uno di questi. Si tratta di una soluzione pragmatica e contestuale che richiede una gestione prudente da tutte le parti interessate e l’impegno ad astenersi dall’uso della forza. Potrebbe essere utile in situazioni nuove? E se consideriamo l’Artide, ad esempio? Si potrebbe prevedere una soluzione diversa ma comunque simile, basandosi sulla vecchia idea che le regioni artiche dovrebbero essere utilizzate esclusivamente per scopi pacifici?
Sia Spiliopoulou Åkermark è Professore associato di diritto internazionale presso l’Istituto per la pace delle Isole Åland. Attualmente dirige il progetto di ricerca “La demilitarizzazione in un mondo sempre più militarizzato. Prospettive internazionali in un quadro normativo a più livelli – il caso delle Isole Åland”. Per approfondimenti sul progetto visitate il sito: www.peace.ax/en/research/research-projects
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